Celti e romanizzazione


Le prime infiltrazioni delle popolazioni galliche risalgono al VI secolo ai tempi di Tarquinio Prisco, la penetrazione è stata graduale anche se si ricorda in particolare quella storica del 388 a.C. nel IV secolo, fino ad esaurirsi nel 25 a.C. (definita cultura La Tène attraverso varie fasi).

Quella degli Insubri è definita la tribù più importante dei Celti, la guerra era considerata un vero e proprio mestiere insieme all’agricoltura e all’allevamento, tanto è vero che i resti archeologici sono scarsi e rientrano quasi esclusivamente nella sfera militare. L’organizzazione politica era elementare formata in genere da principi guerrieri a capo di singole tribù. La scarsa documentazione archeologica non consente di conoscere quale fosse il rito funebre praticato, nel comprensorio del Ticino non sono stati rinvenuti reperti tombali. In realtà, in una documentazione del 1995 si fa riferimento a materiali rinvenuti nel territorio di Pombia all’epoca della romanizzazione e romana, di un piccolo nucleo di tombe a nord del paese lungo la strada per Divignano, ma l’area più estesa era quella nei pressi della chiesetta di San Giorgio dalla cui necropoli, compresa tra l’età della romanizzazione e il IV secolo d.C., sono emersi gruppi di sepolture del tipo in urna coperta da tegolone, deposta in terra nuda; i corredi erano ricchi di vasellame di tradizione celtica ma erano presenti oggetti tipicamente romani.

Con la vittoria finale dei romani sui Galli Boi del 191 a.C. e la conseguente pacificazione, inizia l’età della romanizzazione (II-I sec.a.C.). Il processo di fusione tra cultura celtica e romana è stato lento e pacifico senza alterare completamente le tradizioni indigene. Verso la fine del I sec.a.C. gli oggetti di tradizione celtica vanno scomparendo e si fa più massiccia la presenza di oggetti che testimoniano un adeguamento al rito funerario romano come la presenza di lucerne e monete per il traghettamento delle anime dei defunti.