Presenza romana


Oltre alle testimonianze del I sec.d.C. fornite dalle necropoli, vi sono molti reperti romani spesso reimpiegati in strutture medioevali e altre recuperate e impiegate in abitazioni private. A Pombia si può segnalare il rinvenimento in decenni ormai lontani di olpi o di lucerne a volute e becco angolare, ma anche ceramica a pareti sottili grigia. Scarso è il materiale epigrafico, la celebrazione del defunto è però testimoniata da un frammento di stele riutilizzato nella chiesa di San Martino dedicata probabilmente ad un vignaio come indicano i boccali raffigurati.

Numerosi sono le porzioni di tubazione idrica in cotto ritrovate nel territorio di Pombia (fistula in latino). Alcune si possono ancora vedere, ben otto si trovano nelle mura della chiesa di San Martino, altre nel muro di contenimento della via che porta alla vecchia stazione, una fistula è stata individuata nel muro di confine del palazzo De Visard verso la vallata.

Presso la chiesa di San Vincenzo sono ancora visibili altri reperti romani nei cui muri sono impiegati mattoni e tegoloni di epoca romana. Un’ara funeraria in granito è stata reimpiegata nell’angolo esterno del nartece mentre addossati alla parete orientale della chiesa sono visibili un coperchio di sarcofago in granito e due frammenti forse di un miliario; infine un frammento di colonna ed un coperchio di sarcofago si trovano accanto all’ingesso laterale.

Al confine tra i comuni di Varallo Pombia e Pombia in località denominata Campo dei Fiori, vi è testimonianza ancora oggi di una presenza misteriosa. Si tratta di una vasta pietraia di ciottoli fluviali ammucchiati e disposti sembrerebbe secondo un progetto preciso che ancora sfugge alla nostra comprensione. Alcuni studiosi in passato facevano riferimento a resti di fortificazioni con palizzate in legno delle quali è rimasta solo la parte in pietra in una posizione strategica; altri osservano come potrebbero costituire il materiale pesante di scarto rimasto in loco nelle cave per il setacciamento delle sabbie alla ricerca dell’oro, presenti proprio nel periodo di dominazione romana. Forse più plausibile una terza ipotesi secondo la quale gli enormi ciottoli arrotondati sono di origine post-glaciale nel periodo dell’ultima glaciazione wurmiana lasciati sul posto e ben dilavati dalle primitive acque del Ticino, in fase di escavazione dell’alveo.