Lazzaretto di San Carlo


Scarne le notizie del Lazzaretto di Pombia, piccolo oratorio di epoca settecentesca non datato, forse un tempo adibito a lazzaretto. Non sembrerebbe coevo al lazzaretto di Varallo Pombia datato 1716 perché la tipologia costruttiva di quello di Pombia appare più raffinata e comunque non figura ancora nella mappa Teresiana del 1723. Dubbi nascono circa l’uso come lazzaretto, a Pombia non si registrano all’epoca casi pandemici di peste, forse poteva avere avuto funzione comunitaria per la frazione di San Giorgio che non disponeva di una chiesa, salvo percorrere parecchia strada per raggiungere il paese; forse riassumeva le due necessità cioè di disporre di una propria chiesetta per le funzioni religiose e per gli aspetti devozionali di ringraziamento per la scampata peste che colpiva soprattutto i bovini.

La dedicazione a San Carlo è documentata dagli affreschi, oggi completamente persi, di San Carlo che comunica agli appestati, che richiama la grande epidemia di peste a Milano del 1576.

E’ composta da un’unica navata a pianta quadrata e abside poligonale contigua (come nella pianta riprodotta in calce). La copertura è sorretta da capriate con tetto a capanna e raccordo dell’emiciclo absidale. La copertura dell’abside, voltata, si chiude verso i fedeli con un arco a soffitto che si innesta nelle lesene della zona presbiteriale. Lo schema architettonico delle lesene in mattone pieno è simmetrico sui prospetti settentrionale e meridionale, che forma ai due lati della facciata un elegante motivo a pilastro fino alla sommità dove una raffinata modanatura chiude i prospetti, la facciata e completa lo stesso motivo nella parte dell’abside. Tutti i lati della chiesa erano in origine intonacati con malta bianca che impreziosiva l’intero complesso. La superficie musiva consente peraltro di notare come l’edificio fosse stato costruito con ciottoli misti a mattoni legati con malta.

L’interno, in origine interamente intonacato, oggi si presenta quasi completamente distrutto, lascia ancora intravvedere l’eleganza delle finiture architettoniche che culminano nell’emiciclo absidale con uno stucco sommitale in corrispondenza dell’altare raffigurante il simbolo cristiano della conchiglia. L’altare è in mattoni, anticamente intonacato e dipinto in marmo finto, rialzato dal piano della navata.